Roma – Va sempre più per la maggiore l’informatica forense o digital forensics, la disciplina oggi considerata un semplice ramo del diritto penale, il cui obiettivo è quello di fornire prove valide in giudizio per acclarare eventuali violazioni dei dati informatici. In Italia si è diffusa nei primi anni 2000, dopo essere arrivata dagli Usa, dove nacque nei laboratori dell’Fbi con lo scopo di proteggere l’apparato nazionale dagli attacchi informatici. La legge 48/2008, che ha ratificato la Convenzione del 2001 di Budapest sul cybercrime, ha permesso la crescita esponenziale dell’utilizzo di questa disciplina sia in campo pubblico che in quello privato, soprattutto nella protezione del segreto aziendale. Tra i maggiori utilizzi legali, l’analisi forense risulta fondamentale per accertare reati come l’accesso abusivo ai sistemi informatici ai danni di aziende, la diffamazione tramite rete, la condotta infedele dei dipendenti o la geolocalizzazione fraudolenta di apparecchiature telefoniche (la cosiddetta “mobile forensics”).