Roma – La legge n.71 del 29 maggio 2017 è un valido strumento normativo contro il cyberbullismo e per contrastare questo fenomeno dilagante sui social network e tra i giovani, anche nelle scuole, con esiti talvolta tragici e finiti purtroppo alla ribalta delle cronache nere. Il testo di legge definisce come cyberbullismo «qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo». Obiettivo di questa legge è quindi quello di contrastare con ogni mezzo il cyberbullismo e di estendere ad esso la procedura di ammonimento prevista in materia di stalking (art. 612-bis c.p), ingiuria (art. 594 c.p.), diffamazione (art. 595 c.p.), minaccia (art. 612 c.p.) e trattamento illecito di dati personali (art. 167 del Codice della Privacy) commessi tramite la rete internet da minori ultraquattordicenni nei confronti di un altro minorenne, finché non è presentata querela o denuncia con conseguente procedura di ammonimento da parte del questore. La responsabilità, civile e penale, oltre ad estendersi ai genitori o chi ne fa le veci, sarebbe da estendere anche alla scuola avendo essa un ruolo educativo ex art. 1 D.Lgs. 297/1994 e art. 1 DPR 275/1999. La responsabilità della scuola e dei docenti è stata rilevata ex II e III comma art. 2048 c.c., dove gli insegnanti sono liberati da responsabilità solo se provano di non aver potuto impedire il fatto.
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