New York – La stessa vita umana può essere a rischio di hacker, se dispositivi come smartwatch, pacemaker, guanti e visori per la realtà virtuale possono interferire con altre apparecchiature installate sul corpo umano. Il corpo umano stesso, però, con i suoi tessuti, può essere lo scudo da usare contro attacchi e manomissioni informatiche. A prospettare questa soluzione sono stati dei ricercatori della Purdue University che l’hanno pubblicata sulla rivista Scientific Reports, mettendo in luce come scene da film di fantascienza siano ormai divenute realtà: manomettere il segnale di un pacemaker o interferire sugli apparecchi sempre più connessi alla rete del corpo umano, dagli smartwatch ai sensori per il fitness fino ai visori della realtà virtuale. Negli esempi illustrati quello dello smartwatch che rileva il battito cardiaco ed usa un sensore di misurazione: la comunicazione in tal caso avviene attraverso segnali elettromagnetici che possono essere intercettati e l’idea degli studiosi statunitensi è proprio quella di riprogrammare tali dispositivi per farli «comunicare senza bisogno di antenne o radiazioni esterne, ma sfruttando il corpo e la capacità conduttiva dei suoi tessuti».