Allarme Polizia Postale ai giovani internauti: sexting, revenge porn, sextortion pericoli da evitare

Roma – Partita da Matera, capitale europea della cultura 2019, si conclude a Roma, la 6^ edizione di “Una Vita da Social”, la campagna educativa itinerante realizzata dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, nell’ambito delle iniziative di sensibilizzazione e prevenzione dei rischi e pericoli della Rete per i minori. I social network sono ormai uno strumento di comunicazione del tutto integrato nella quotidianità dei teenager e, in virtù del numero sempre maggiore degli adolescenti presenti sul web, hanno determinato una crescita esponenziale dei minori vittime di reati contro la persona. Secondo una recente ricerca di Skuola.net per la Polizia di Stato, che ha coinvolto 6500 ragazzi tra i 13 e i 18 anni, il 24% di loro ha scambiato almeno una volta immagini intime con il partner via chat o social (sexting). Tra questi, il 15% ha subìto la condivisione con terzi, senza consenso, di questo materiale. Il motivo più frequente, riportato dalle vittime? Assurdo ma è per un banale “scherzo” (49%), che mostra quanto possano essere sottovalutate le reali conseguenze di tale diffusione. Tra le altre motivazioni, con numeri rilevanti: il ricatto (11%) o la vendetta (7%). Insomma il revenge porn, che pure è presente, viene surclassato dalla leggerezza e dalla goliardia. Ma gli effetti sono comunque gli stessi. La reazione più diffusa? Nella maggior parte dei casi è il silenzio (il 53% ha fatto finta di niente, il 31% non ha detto nulla per non essere giudicato). Sono soprattutto le ragazze ad aver paura del giudizio rispetto ai ragazzi. Non manca chi, pur non subendo la condivisione del proprio materiale intimo, ne è stato minacciato: qui la percentuale è del 12%. In questo caso è determinante la motivazione del ricatto (44%) e della vendetta (18%). In buona sostanza la minaccia è usata soprattutto come strumento di pressione psicologica per ricatto o vendetta, invece la diffusione vera e propria dei contenuti avviene più per scherzo che per effettivo desiderio di colpire la persona. Tuttavia non bisogna solo diffidare dei partner più o meno conosciuti, a volte la minaccia arriva dai social. Secondo un altro campione di 14mila studenti tra gli 11 e i 19 anni, quest’ultimo fenomeno è tutt’altro che raro.