La legge 30 novembre 2017, n. 179 in materia di Whistleblowing tutela i lavoratori dipendenti che segnalano reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza per ragioni di lavoro.
Già l’art. 1, comma 51 della legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione) aveva disciplinato per la prima volta nella legislazione italiana la figura del whistleblower, con particolare riferimento al “dipendente pubblico che segnala illeciti”, al quale veniva offerta una parziale forma di tutela. Con la legge 30 novembre 2017, n. 179 che ha modificato l’articolo 54 bis del Testo Unico del Pubblico Impiego, detta tutela è stata decisamente rafforzata. Il citato articolo stabilisce infatti che, esclusi i casi di responsabilità, a titolo di calunnia o diffamazione, il dipendente che, nell’interesse della P.A., denuncia all’autorità giudiziaria italiana o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite o di abuso di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.
L’eventuale adozione di misure discriminatorie andrà comunicata dall’interessato o dai sindacati all’Anac che a sua volta ne darà comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica e agli altri organismi di garanzia. L’Anac applicherà dunque all’ente, se ritenuto responsabile, una sanzione pecuniaria amministrativa da 5.000 a 30.000 euro, fermi restando gli altri profili di responsabilità, oltre alla sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro a carico del responsabile che non avesse adeguatamente verificato e analizzato le segnalazioni ricevute.
Inoltre, nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identità del segnalante non potrà essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Si è tuttavia precisato che, qualora la contestazione fosse fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l’identità potrà essere rivelata ove la sua conoscenza fosse assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato, con conseguente indebolimento della tutela dell’anonimato. Le segnalazioni dovranno dunque fondarsi su elementi di fatto che siano “precisi e concordanti” e dovranno essere effettuate necessariamente con modalità informatica in modo da garantire la riservatezza dell’identità del segnalante. Secondo quanto previsto dall’articolo 2 della legge in esame, la nuova disciplina allarga anche al settore privato la tutela del dipendente o collaboratore che segnali illeciti o violazioni relative al modello di organizzazione e gestione dell’ente di cui sia venuto a conoscenza per ragioni del suo ufficio. L’art. 2 ha aggiunto altresì il comma 2 bis all’articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 e stabilisce, tra le altre cose, che i modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati in questione debbano prevedere:
- uno o più canali che consentano ai soggetti indicati nell’articolo 5, comma 1, lettere a) e b), di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione
- almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante
I soggetti destinatari delle disposizioni ivi contenute sono obbligati dunque a dotarsi di un sistema di Whistleblowing per le segnalazioni interne di violazioni.
L’articolo 3 del provvedimento introduce poi, in relazione alle ipotesi di segnalazione o denuncia effettuate nel settore pubblico o privato, come giusta causa di rivelazione del segreto d’ufficio, professionale, scientifico e industriale, nonché di violazione dell’obbligo di fedeltà all’imprenditore, il perseguimento, da parte del dipendente che segnali illeciti, dell’interesse all’integrità delle amministrazioni alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni. Si informa, infine, che l’ANAC ha messo a disposizione un applicazione informatica Whistleblower per l’acquisizione e la gestione delle segnalazioni di illeciti da parte dei pubblici dipendenti e al riguardo si riporta di seguito il comunicato del Presidente dell’ANAC del 06/02/2018: “Segnalazioni di illeciti presentate dal dipendente pubblico (c.d. Whistleblower) L’Autorità comunica che a partire dall’ 8 febbraio 2018 sarà operativa l’applicazione informatica Whistleblower per l’acquisizione e la gestione, nel rispetto delle garanzie di riservatezza previste dalla normativa vigente, delle segnalazioni di illeciti da parte dei pubblici dipendenti come definiti dalla nuova versione dell’art. 54 bis del d.lgs.165/2001. Al fine, quindi, di garantire la tutela della riservatezza in sede di acquisizione della segnalazione, l’identità del segnalante verrà segregata e lo stesso, grazie all’utilizzo di un codice identificativo univoco generato dal sistema, potrà “dialogare” con l’ANAC in maniera spersonalizzata tramite la piattaforma informatica. Quanto sopra per evidenziare che a partire dalla entrata in esercizio del suddetto portale, potrà essere garantita la massima riservatezza esclusivamente alle segnalazioni pervenute tramite il descritto sistema. Conseguentemente si consiglia, per le segnalazioni inoltrate a partire dall’entrata in vigore della legge n. 179/2017 tramite ogni altro canale (telefono, posta elettronica, certificata e non, protocollo generale), di inviarle nuovamente utilizzando solo e unicamente la piattaforma ANAC.”
Avv. Federica Spuri Nisi