Video e informazioni di scarsa rilevanza affaticano il cervello
Roma – Lo scrolling, lo scorrere i social media in maniera compulsiva, dello smartphone potrebbe essere causa di marcescenza del cervello, ovvero di quello che in inglese è chiamato «brain rot», come riporta la Oxford University Press, editrice dell’Oxford English Dictionary. A sostenerlo sono studi condotti da vari centri di ricerca per verificare quanto genera lo scrolling costante di video e informazioni di scarsa rilevanza, ovvero le conseguenze per il cervello di «un consumo eccessivo di materiale (attualmente in particolare contenuti online) ritenuto banale o poco stimolante». Nel dettaglio lo scrolling costante di video e informazioni di scarsa rilevanza produce un affaticamento mentale, rendendo più difficile per il cervello codificare e conservare le informazioni, causando un deterioramento delle capacità cognitive. E se per gli adulti l’effetto combinato di scrolling e algoritmi rappresenta un rischio per la salute mentale, per il cervello e l’attenzione di un bambino questa combinazione è particolarmente dannosa. Secondo una ricerca di Heineken, il 92% degli italiani nati tra i primi anni ’90 e l’inizio del nuovo secolo dichiara di essere soggetto allo “scrolling”. La maggior parte dichiara di farlo anche quando trascorre il proprio tempo con le persone care. Il 36%, quindi più di un terzo, ammette di controllare il proprio smartphone mediamente quattro volte durante una serata fuori. La tendenza è forte anche nel Regno Unito e negli Stati Uniti, dove il 90% dei giovani nati tra i primi anni ’90 ed inizio secolo, è soggetto allo “scrolling”. Tra le distrazioni principali emerse dal campione americano e britannico, due terzi ammettono di controllare i social media (62%) quando sono con altre persone, mentre più di un terzo (36%) confessa di leggere le email di lavoro. Tre persone su dieci (30%) hanno anche rivelato di giocare online di nascosto anziché interagire con la famiglia e gli amici. Diversamente, i giovani italiani utilizzano maggiormente il proprio smartphone per controllare i messaggi di amici o familiari (55%), scattare foto o fare dei video (54%), guardare i social media (41%) o postare dei contenuti (32%) quando sono in compagnia o trascorrono una serata fuori. Inoltre, 3 su 10 (31%) ammettono di controllare messaggi o e-mail di lavoro.
La preoccupazione sugli effetti negativi del fenomeno è crescente e non a caso l’Australia ha approvato una legge severa che impone alle piattaforme digitali di vietare l’iscrizione ai propri servizi ai minori di 16 anni. In Italia, i primi interventi sono avvenuti nell’ambito scolastico, con il divieto di utilizzo dei devices anche per scopi didattici, ma ci sono spinte per avvicinare la normativa italiana a quella australiana in materia.